fai contro palais lumiere

il FAI si scaglia contro Palais Lumiere

Qui sotto potete visionare la lettera che il FAI ha scritto al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano per chiedere la censura del Palais Lumière.

intellettuali contro palais lumiere

Si parla di minaccia all’integrità ambientale, al paesaggio, alla natura ed alla storia di Venezia.

Trovo sostanzialmente manipolatorie le affermazioni citate; e non rispondente alla veridicità dei fatti quanto sommariamente esposto all’attezione del Presidente.

Credo che ciò abbia uno scopo: procurare una reazione immediata e irrazionale di repulsa nei confronti del progetto di Cardin.

Analizziamo insieme questa lettera:
parto dall’affermazione che vuole Palais Lumière “costruito a margine delle acque lagunari prospicienti il centro storico veneziano”.
Un’affermazione del tutto infondata.

  • Venezia è quella costruita nella laguna e quindi non è il “centro storico” ma la città fatta e compiuta. Quindi è improprio delimitare un “centro storico”. La città è nella Laguna ed è costituita da centinaia di isole PUNTO E BASTA.
  • Il punto esatto nel quale sarà costruito Palais Lumière è ad oltre 8 chilometri dal confine nord della Città di Venezia, quello più vicino alla gronda lagunare che delimita la terraferma dalle acque. Quindi il termine “prospicienti” è inteso solamente per amplificare una questione assolutamente irrilevante in quanto ad esempio l’Aeroporto di Tessera è a meno di tre chilometri dall’Isola di Murano che è parte integrante della Città di Venezia. Inoltre, tra la sede del Palais Lumière e le prime costruzioni originali della Città di Venezia è già stata collocata la Stazione Ferroviaria, struttura completamente rifatta in epoca moderna. In tal senso la presenza di Palais Lumière non interferisce con alcuna delle costruzioni più antiche della Città di Venezia; non più di tante altre già presenti nel tessuto urbano più limitrofo.

palais lumiere vista marghera da venezia

  • La collocazione del Palais Lumière coincide con insediamenti industriali abbandonati ma anche con insediamenti di strutture moderne attualmente operanti le quali non hanno alcunché in comune con la Città di Venezia e tantomeno sono state costruite secondo presunti principi di compatibilità ambientale con quella Città. Mi riferisco al “Vega” ed alle strutture viarie che incombono sulla gronda lagunare. Se vogliamo la costruzione di Palais Lumière si distinguerà proprio per la volontà di riqualificare urbanisticamente quella zona.
  • Chi respinge l’idea di Palais Lumière dovrebbe anche opporsi al Ponte della Libertà, a Piazzale Roma, ai parcheggi multipiano ivi esistenti, alle strutture portuali per merci e passeggeri, all’edilizia dell’Isola del Tronchetto, al Ponte di Calatrava ed all’intera Stazione Ferroviaria di Santa Lucia.

Quindi si parla di integrità ambientale.
Assurdo, supporre che Palais Lumière metta a rischio l’integrità ambientale di un luogo che è stato martoriato per decenni da un’attività industriale senza scrupoli che ha inquinato gravemente il suolo e degradato violentemente la vita degli abitanti.
Assurdo pensare che una struttura che si realizza per la residenzialità possa essere peggiore di costruzioni adibite alla speculazione industriale.

Si parla di paesaggio!!
L’esistente è un luogo squallido e avvilito da fanghi tossici, sostanze velenose, piante che non attecchiscono e muoiono in pochi mesi, acque torbide e oleose, resti corrosi di strutture edilizie fatiscenti che un tempo erano depositi di concimi chimici e derivati del petrolio.

Si parla di natura!!
In un contesto completamente dimenticato dai “pensatori alti” che abitano palazzi signorili e si dimenticano delle condizioni terribili alle quali il popolo ha dovuto vivere e lavorare a Marghera.
Oggi costoro si accorgono e parlano di natura!!
Oggi! Quando qualcuno intende dare valore a quei luoghi di fatica di rischi di malattie di morte.

Si parla di storia!!
Ma di quale storia?
Quella di Venezia?
Cosa centra con Marghera?
La storia passata di Marghera era il bosco, la palude, il luogo di caccia dei veneziani della Serenissima. Quella storia è cancellata e distrutta, irrecuperabilmente affondata nell’oblio.
L’unica storia di quei luoghi è il Forte Marghera che giace abbandonato coperto di arbusti. Quel Forte magari, con la costruzione del Palais Lumiére, potrebbe riacquistare un senso ed essere recuperato alla fruibilità pubblica.

Mi chiedo infine come possano, persone che godono di tale reputazione e prestigio, ergersi con tale supponenza contro Palais Lumière, senza aver approfondito minimamente le questioni reali che incidono su quei luoghi, quell’ambiente, quel paesaggio, quella storia e quel patrimonio; così come credo di aver modestamente contribuito con questo mio scritto.

veneziano medio

il veneziano medio: il bagno in canale, nostalgie e rabbia

Come qualsiasi popolo che si rispetti, anche il veneziano è propenso a criticare il prossimo ma ad essere indulgente verso sé stesso. Ecco l’annosa questione del turismo di massa che pare abbia preso d’assedio Venezia.
I veneziani si sentono avviliti da certi comportamenti che considerano un insulto alla città; ma alcuni di essi erano la normalità, in un lontano passato in cui la miseria e la fame erano diffusi.

Tra questi comportamenti c’era l’usanza di farsi il bagno in canale. Forse per le famiglie povere era arduo raggiungere il mare; magari frequentato da un turismo elitario se non proprio di censo nobiliare, quindi, nelle afose calure estive non c’era rimedio migliore, almeno per i più giovani, di buttarsi nelle acque dei canali e lì imparare a nuotare rinfrescandosi.

veneziano medio ottocento

Oggi i veneziani stanno bene, anche grazie alla moltitudine di visitatori ed ospiti internazionali che spendono i loro soldi in città; non hanno più bisogno di rinfrescarsi in laguna. Molti di loro possiedono veloci motoscafi che guidano con perizia ma anche con incoscienza per meravigliare le giovani concittadine; il mare lo fanno all’estero in località esotiche.

Chi potrà più raccogliere l’eredità di quei pomeriggi passati a sguazzare nei canali, nelle “piscine” nei rii, insieme ai compagni di scorribande estive?

Solamente il turista più smaliziato e sempliciotto potrà farlo. Egli, con serena semplicità, sopraffatto dalla calura, dopo ore ed ore a camminare nell’incanto veneziano, vedendo quei flutti invitanti che richiamano la rilassatezza della spiaggia, non può resistere e si tuffa. Inconsapevole riprodurrà ciò che fu un uso antico ormai defunto; magari nascosto per lunga pezza come qualcosa di cui vergognarsi.

I tempi, però, incalzano ed ecco che sorge il micidiale socialnetwork; moderno frullatore delle coscienze collettive, che propina a tutti in diretta e in ogni singolo monitor portatile, notizie sfornate a ritmi che farebbero impallidire le catene di montaggio fordiste.

Qui succede tutto ed il contrario di tutto. Ecco i veneziani che si accorgono di essere nostalgici, che rispolverano vecchie fotografie degli anni che furono. Cadono in estasi davanti a quei colori stantii a quelle tonalità seppia che ritraggono gruppetti di persone dimesse e vestite molto alla buona mentre vivono la loro città nei momenti più banali.

veneziano medio oggidì

Ecco che vedono la vecchia foto dei bimbi che nuotano e giocano nelle acque torbide dei canali, allora ben più luride, causa gli scarichi fognarii privi d’ogni presidio. Le reazioni sono di grande affetto, nostalgia, passione amorosa della rimembranza di fantomatici “bei tempi andati” in cui tutto era più bello, più vero, più buono.

Ecco allora che vedono la foto scattata in digitale oggidì. Una fredda fotografia HD scattata in fretta; ed in fretta resa pubblica a milioni e milioni di spettatori che, senza alcuno sforzo se la scambiano se la ritrasmettono in mondovisione. Le reazioni scomposte non si fanno attendere. Insulti maledizioni e pernacchie vanno all’indirizzo degli accaldati signori che hanno osato detergere le membra nei canali veneziani. Si augura loro morte per la funesta “leptospirosi”, dimenticando che siamo in acque salmastre non ferme. Si augura loro una forma di colera, dimenticando che il sistema delle fosse settiche a Venezia è quasi al cento per cento e che il colera era endemico ai “bei tempi andati” delle foto seppia.

Si dimentica un poco tutto per lasciarsi andare alla furia del linciaggio virtuale. Per carità, è vero; Venezia merita rispetto; ma anche la storia lo merita. Leggere questi fatti come qualcosa che ritorna, che è umana, che è azione del vivere la città; in un modo diverso da un passato che ( per fortuna! ) non tornerà mai più ( si spera ).

infamie sudamericane

infamie sudamericane

Pubblico qui, il link a questo ABOMINEVOLE articoletto che infanga la memoria di Piazzola Pugliese Yupanqui e Borges.

Questo articoletto non tiene in alcun conto della storia moderna dell’Argentina, delle decine di golpe che si susseguirono, della politica familista di Peron.

Dal mediocre pezzo di basso giornalismo-gossip, pare che, prima del golpe, l’Argentina fosse un paradiso democratico e, dopo il golpe, fosse calata la notte.
Assurdo, antistorico, demenziale!

Gli artisti qui menzionati s’illusero che questo ennesimo golpe avrebbe portato ordine e la fine del terrorismo.
Sbagliarono a illudersi?

Se pensate di si, significa che rifiutate l’idea che possano esistere gli artisti; poiché gli artisti son coloro che spesso s’illudono e confidano nelle potenzialità positive dell’uomo. Salvo poi esserne delusi.

Beethoven s’illuse che Napoleone fosse patrono della libertà; salvo poi esserne deluso quando si fece incoronare imperatore.

piazzolla pugliese yupanqui borges

Piazzolla, Pugliese, Yupanqui, Borges, non furono fascisti o collaborazionisti e non furono complici delle stragi del dittatore.

Aggiungo che Videla promosse il tango quale esempio della cultura nazionale; e c’è qualche tanguero poco informato, che ebbe a dichiarare che Videla censurò il tango.

È disgustoso che certa gente possa arrivare a scrivere tali nefandezze, tali delittuose infamie; e che magari riceva credito. Ecco qui sotto il link.

La colonna sonora di una dittatura

baratri di rammarico e rimorso

baratri di rammarico e rimorso

Ieri sera ho avuto notizia della pubblicazione di un articolo scientifico che potrebbe essere una svolta nello studio dell’astrofisica. Fabrizio Tamburini ed Ignazio Licata, due veri dritti nel settore dell’uso delle celluline grigie, hanno reso pubbliche le loro conclusioni in merito ad alcune rilevazioni dello spettro di determinate stelle; che, in precedenza, avevano ispirato altri eminenti studiosi nell’ambito della ricerca di forme di vita intellligenti.

fabrizio tamburini scienziato veneziano

Fabrizio ed Ignazio, putroppo non ci portano la conferma di alieni autocoscienti e tecnologici in orbita attorno ad altre stelle; ma hanno esposto quella che potrebbe essere una scoperta parimenti affascinante e colma di conseguenze nella ricerca del perché siamo qui.

ignazio licata scienziato

Ho letto l’articolo uscito su MEDIA INAF, organo ufficiale di comunicazione dell’Istituto Nazionale di Astrofisica e ho capito quel che può capire un non esperto. La sera però non ho dormito. Sono stato sopraffatto dall’angoscia che poi ha aperto un baratro di rammarico e rimorso.

Rammarico e rimorso non hanno mollato la presa fino all’alba. Quando ero bambino mi dilettavo nella lettura di saggi di divulgazione scientifica, così ancora quando ero adolescente ma, al momento di scegliere l’università ho commesso un grave errore. Non ho assecondato i miei sogni. Mi sono fatto irretire da considerazioni fuorvianti e assolutamente superficiali.

Adesso ne pago le conseguenze e spesso mi capita di pensare di aver gettato la mia vita; di non aver assecondato quel bambino e quell’adolescente. La consolazione è conoscere persone come Fabrizio e come Ignazio; dei sapienti, miti e simpatici esseri umani che, con eleganza e stupenda semplicità, rimuovono pian piano i veli che coprono la verità.

Sembravano alieni, ma forse sono assioni

dissertazione1 significato arte

Dissertazione#1 sul significato dell’arte

Molte persone che si dedicano alla conoscenza per passione più che per lavoro, si chiedono oggi cosa sia l’arte. Questa è una questione che può essere divenuta di pubblico interesse con l’avvento delle democrazie occidentali ma che, nella sostanza, ha origini ancestrali. Essa, infatti, rientra a pieno titolo tra i quesiti universali:
“Perché esistiamo?”; “cos’è la vita e Dio?”.

Forse la questione è più ermetica e difficile oggi di quanto lo sia stato in passato, pur avendo un contenuto che coinvolge esclusivamente l’arbitrio umano; ma questo è il problema. La mente è di gran lunga il sistema organizzato più complesso che si conosca, retto da leggi infinitamente più raffinate di quelle che regolano l’universo intero.

dissertazione 1 arte preistorica

Ciò che la mente produce può quindi essere anche di natura enormemente articolata e può raccogliere in sé significati molteplici. Una volta che si sia consapevoli di questo, porsi la domanda “cos’è l’arte?” significa chiedere spiegazioni per un fenomeno che, per sua natura, tende a sfuggire a qualunque tentativo di definizione.

Forse, un modo per cercare di costruire un quadro che tenti di sciogliere il quesito è quello di definire l’arte senza estrapolarla dal contesto storico in cui essa si è manifestata; ma così non si giungerà mai ad una definizione univoca. Che l’arte non sia altro che un continuo svolgersi di contraddizioni?

Anche ai giorni nostri domandarsi cosa sia l’arte non è abitudine diffusa ed è indicatore dell’esercizio del libero pensiero, infatti sarà sempre ambizione dell’uomo cercare di esercitare il controllo proprio su quelle forme espressive che, per loro natura, rifuggono il controllo stesso. Quindi definire cosa sia l’arte è anche una bella responsabilità. Una definizione deve essere quanto più generica possibile e prediligere ogni aspetto tecnico.

Tuttavia risulta evidente all’osservatore disincantato come l’arte contemporanea viva un singolare paradosso capace di rendere la domanda assolutamente priva di significato e giustificazione.

Risulta difficile indagare le reali motivazioni di ciò ma la comunità, forse in buona fede, forse ingannata da una distorta visione del romanticismo, ha associato l’artista ad una visione di libertà in termini assoluti.

dissertazione 1 arte sacra

Questo concetto è stato inteso come libertà per tutti di praticare la pittura e la scultura, libertà dalle regole, dalla forma, dal contenuto e non come la fondazione di principi che sancissero la libertà d’espressione. Così pittura e scultura sono state defraudate, svuotate di qualsiasi attitudine professionale; ridotte a passatempi, se non a vezzi eccentrici accessibili a tutti, e c’è chi dice che la responsabilità di ciò sia da addebitare anche alla massificazione dei consumi e ad alcuni aspetti della cultura marxista.

In una società basata sul lavoro e la professione, in cui le categorie sono protette e tutelate dalla legge l’arte, esempio illustre di non-lavoro, avulsa al lavorio, vive il contrappasso della sua prima deregolamentazione. La pittura e la scultura subiscono l’ostracismo di un sistema inadatto a capirne il senso, in quanto sistema basato sul lavoro e sul significato borghese di “utilità”. Queste arti, più di altre, di fatto non sono professioni.
Forse che non sia anche questa una forma di controllo?

Tra la metà del XIX e la metà del XX secolo l’arte ha avuto uno sviluppo magnifico, si è consumata una rivoluzione colossale nel mondo della cultura.

Mantenere una sorta di controllo diretto sulle manifestazioni dell’arte che, come sempre, anticipa la storia, divenne impossibile alle stesse istituzioni politiche che furono poi travolte anche da epocali e traumatiche trasformazioni sociali.

Il dopoguerra fu il periodo in cui si tentò nuovamente di riprendere il controllo e il blocco sovietico lo fece con il pugno di ferro. L’occidente democratico adottò, forse inconsciamente, la “Tecnica della Babele”.

Chiunque può decidere di essere pittore e scultore e di aver diritto di partecipare a pubblici concorsi d’arte e di esporre al pubblico i propri manufatti. Questa è la Torre di Babele. Nell’imperante confusione del manicomio si disperdono le risorse e si frantumano i talenti.

L’arte contemporanea si vuole semplificata, involuta, annichilita. Pittura e scultura sono state colonizzate dalla moda, dal marketing. Le correnti che all’inizio del XX secolo rompevano le tradizioni e liberavano l’espressività ora sono divenute conformismi, texture, acronimi autocelebrativi che la svuotano di ogni senso.

dissertazione 1 insulsaggine

Tutto ciò ha reso il pubblico diffidente nei confronti dell’arte contemporanea. Il mercato dell’arte contemporanea è, di fatto, estremamente distorto e quindi inefficiente.

D’altra parte l’ossessiva associazione al denaro, alle cifre astronomiche assegnate alle opere d’artisti, snatura il significato dell’arte. Non è il denaro in sè che compie questa empietà, esso è necessario. Chi scrive non oggettivizza vilmente il reo. Il reo è soggettivo.

L’arte è strumentalizzata oggi più di quanto lo sia stata in qualsiasi altra epoca. Chi guarda l’arte spesso si preoccupa solamente del valore monetario che essa potrà avere, non si avvicina ad essa con l’umiltà di chi vuol comprenderla e quindi consumarla. L’arte così, assordata dalla Torre, non può più essere consumata ma diventa un bene d’investimento, in questo senso essa s’immobilizza.

L’arte finisce nelle mani di potenti apparati manageriali che impongono i gusti e stabiliscono i valori. Nemmeno la politica ha più potere sull’arte.

L’arte è degradata a materia e quello che ha di astratto è rappresentato solo da valori economici. Essa può essere ed è stata rappresentata sotto forma di grafico come un qualsiasi titolo azionario. Ricordate il film “L’Attimo Fuggente”, in cui un arido professore presumeva di spiegare la poesia mettendola tra un’ascissa ed un’ordinata? Questo si sta facendo oggi all’arte: alla pittura, alla scultura.

Cosa possono fare le istituzioni?
Se, come ho detto sopra, non sono condizionate da finanziatori privati sono troppo impegnate nel consenso elettorale a breve termine e così hanno perso la caratteristica fondamentale per cui sono create: la lungimiranza.

In conclusione questo posso dire oggi circa cosa sia l’arte:

  • l’arte è assordata dal rumore e resta solo l’arroganza;
  • l’arte è un fiume sotterraneo inarrestabile che bisogna saper scoprire.
galleria arte terzo millennio venezia

Dissertazione#0 una vita per l’arte: la Galleria d’Arte Terzo Millennio

Rifletto sempre sul ruolo che ancora può svolgere l’arte figurativa in una società precipitosamente diretta verso la subcultura consumistica dell’immagine.

Non sono giunto ad una risposta definitiva ma penso che non vi sarà un futuro in cui l’attenzione verso gli aspetti complessi dell’arte sia relegata alla sola rievocazione di grandi autori del passato, lasciando al contemporaneo una semplice e distratta rassegna di cronaca.

Ogni giorno, in ogni luogo, fioriscono umane sensibilità capaci di cogliere l’immutabile mondo dell’arte con la propria unica ed irripetibile immaginazione. Persone dotate del terzo occhio che, come diceva qualcuno, praticano l’arte più difficile: “saper vedere”. Penso che compito non secondario della nostra società sia quello d’incoraggiare e dare un’opportunità di crescita a personalità così dotate.

galleria arte terzo millennio venezia

Prendendo ispirazione da questi ideali, il 15 dicembre 2001 ho fondato la Galleria d’Arte Terzo ( III ) Millennio in Rio Terà de le Colonne, a pochi metri da Piazza San Marco. La cerimonia d’apertura della Galleria ha subito svelato che essa possiede caratteristiche che ne fanno esempio unico nel già rigoglioso panorama espositivo veneziano.

Frutto della mia volontà di stabilire a Venezia un centro espositivo dedicato alle opere del maestro Mario Eremita, la galleria, possedendo tale robusto, definito e impegnativo indirizzo ma priva di pregiudizi nei confronti di ciò che è immaginazione, ha allargato la sua attività espositiva al tumultuoso mondo dell’arte contemporanea, intraprendendo collaborazioni con numerosi artisti italiani e stranieri.

In un contesto frammentato e disorganico quale quello proprio del mondo dell’arte italiana, in cui vige il perenne assedio della lottizzazione politica e dell’appartenenza; in un ambiente in cui rimangono spesso oscuri i motivi sottostanti le scelte di molte Istituzioni, con la Galleria d’Arte III Millennio, assumendo la forma privatistica, adotto il principio della totale trasparenza e sono sempre disposto a confrontarmi serenamente con chiunque voglia introdurre un dialogo sull’arte.

Dal 1990 mi occupo della divulgazione dell’arte di Mario Eremita per il quale importanti critici e storici dell’arte nonché giornalisti autorevoli con facilità hanno svelato al pubblico diversi nodi interpretativi e ne hanno colto l’inesausta forza espressiva.

Con il mio personale impegno nei confronti di quest’autore sono consapevole d’aver intrapreso un cammino lungo, arduo ed insidioso che richiede rinunce e sacrifici con poche possibilità di rendere concrete soddisfazioni, tuttavia ho considerato tutto ciò come il mio dovere, la mia missione, percependo, nelle opere che mi hanno circondato da sempre, i segni tipici comuni ai grandi artisti della storia.

galleria arte terzo millennio venezia ingresso

Gestisco questa galleria d’arte dal 2002 al 2015, ospitando mostre personali e collettive per oltre 250 artisti italiani e stranieri. Fin dalla fondazione della Galleria d’Arte III Millennio ricerco il dialogo ed il confronto con l’istituzione de La Biennale di Venezia e solamente nel 2011, grazie alla lodevole iniziativa di trasparenza operata dalla Biennale stessa, la galleria può avere la meritatissima responsabilità di divenire “Padiglione Nazionale” e d’ospitare gli artisti della Repubblica di Moldavia; della Repubblica di Estonia, di Taiwan, della Repubblica Popolare della Cina.

galleria arte terzo millennio venezia interni

Curo ogni esposizione d’arte personalmente, sia per i testi critici che per la presentazione al pubblico, sempre col fine di coinvolgere ognuno nella lettura delle opere affinché esse siano pienamente godibili essendo sempre più, l’arte attuale, caratterizzata da un linguaggio intimistico, introverso, enigmatico, ermetico e quindi non spontaneamente concepita per trasmettere sentimenti ed emozioni immediate o con una retorica semplicemente descrittiva.

Pur trattando in permanenza un genere che contrasta fortemente con molto di quello che oggi è, da alcuni, considerato esclusivamente “arte”, non ho assunto quell’atteggiamento supponente che esige che si adotti una “militanza” o che in qualche modo si sia “schierati” o si debba necessariamente seguire una “linea” espositiva.

Con la Galleria d’Arte III Millennio mi sono posto in modo affatto neutrale, con l’intento di offrire all’artista, o a chi si ritiene tale, una luminosa e preziosa occasione per misurarsi con la grande prova dell’esposizione pubblica delle proprie opere e quindi della sua più personale intimità.

Ritengo quindi che tale prova, per l’espositore, possa essere o il punto di partenza per una futura carriera espositiva, o un momento di riflessione sull’opportunità di continuare ad operare in questo difficile ambiente.

Con una certa amarezza nei confronti di una situazione difficile come quella delle modalità di funzionamento delle esposizioni d’arte a Venezia, anche a causa della refrattarietà de La Biennale di Venezia verso il mio impegno, nel dicembre 2015 la Galleria d’Arte III Millennio conclude la sua ultima esposizione e, dopo 15 anni d’infaticabile abnegazione chiude i battenti. L’esperienza maturata mi consentirà di allargare gli orizzonti e di ripensare in altri modi la missione che ho assunto ormai trent’anni fa e che ancora mi appassiona e mi affascina.

gaglioffi e puttane

di gaglioffi e puttane

Il tango; si, è un’ossessione.

Feroce negativa distruttiva.
Un massacro del corpo e della mente.
La negazione di qualsiasi illusione.
La nemesi del buono e del giusto, la dynaton dell’immoralità.

Ballo ipocrita e latino.
Latino nel modo più sfacciato e deliquente e irrazionale.
Detestabile come una telenovela, odioso come un colonello argentino.
Arrogante e presuntuoso.

Ballo amato dalle nullità e dai profittatori dalle puttane e dai papponi.
Oggi, purtroppo, rappresentato vilmente nelle milonghe popolari, ridotto ad intrattenimento dopolavoristico e decoro per scorci storici e moderni delle nostre comunità alienate.

Qui, oggi, c’è tutto un sottomondo nostrano ripugnante e gretto, che vivacchia con la bugia del tango in un misto tra finta tradizione fanatismo e “border line” da invasati.

tango antico

Perse le glorie della miseria, del puzzo di fumo e di sudore; perso l’onore del coltello; perso anche il sapore di lugubre erotismo, non resta che una sconcia parata, insulsa e sdolcinata, di comparse tristi.

quattrocentomila soli

Quattrocentomila Soli!

Quattrocentomila Soli!
Ode a San Marco, Santo Patrono di Venezia

Canto il tuo nome
estrema nostalgia
tempo lieto
che fé leggenda d’ogne gesta
e d’ogne servo il suo sovrano.

Canto il tuo nome
agognato martirio
tempo ardito
che fé luce d’ogne tenebra
e ruggì novella Atlantide.

Canto il tuo nome
Marco! Marco! Marco!
come un grido umano
alto e fermo dal deserto
stoico credo cristiano.

Canto il tuo nome
sagge fatiche
acque inferme
ché al popol dieder rifugio
e fondaron tuo Santuario

Canto il tuo nome
primo fosforo
guida sacra
ché quattrocentomila soli
fé Venezia battezzata

Venezia, 25 Aprile 2012, 215 anni dalla caduta.

cosa succede al tango

cosa succede al tango in Italia?

Credo che il fenomeno si stia chiudendo in sè stesso, assecondando un modo di pensare che vede il tango come un fenomeno folckloristico defunto dal 1950. Attenzione!

In in questo modo il tango perderà il suo vero significato di esperimento in evoluzione ma sarà solamente un argomento utile ai locali notturni, per riempire le sale da ballo…

Questo l’ho scritto nel 2010, quattro anni fa; ed oggi sono sempre più convinto che le cose vadano in quel senso.

tango compleanno
Ci accorgiamo di ballare su brani ormai antichi, nulla, sul lato della musica, viene più distribuito nelle sale. Ho detto “distribuito” perché son certo che musicisti che compongono e suonano tango ve ne sono in questo momento. Quindi la condizione “artistica” di chi pratica il tango è quella stantia, di ciò che è passato, del vecchiume.
E dove si va col vecchiume?
Verso la fine.

In tal senso sarebbe opportuno che chi organizza milonghe clandestine o illegal, insomma raduni dettati solamente dallo spirito di gruppo e dalla passione per il tango, inserisca con maggior coraggio brani di musica contemporanea che siano adatti o magari che siano veri e propri tanghi del nostro tempo. Senza alcuna supponenza o posa narcisistica.

È sicuramente chieder tanto, perché sappiamo benissimo che questa come tutte le forme d’arte, raccoglie quella gran parte dell’umana specie che è più torbida d’afflizioni.

Non arrivano giovani semplicemente perché si continua a non voler uscire dallo schema tango argentino anni 1940-1950 solo e solamente tango argentino; e quei giovani che vanno a lezione non vanno a ballare perché sono in soggezione rispetto all’ambiente difficile e chiuso.

Il problema sono anche le scuole che non insegnano ad ascoltare la musica e ad apprezzare l’usanza di invitare dame sempre nuove.

tango mantova
Festival del tango di Mantova 2009

Per attirare i giovani si deve aprire la mente alla musica e gli istruttori devono essere più giovani, inoltre si devono organizzare delle milonghe nei bar in cui accedono anche i non tangueri.

Se daremo massima espressione all’arte del tango accogliendolo in tutte le sue differenze ed in tutti i suoi aspetti e se organizzeremo FESTE e non più milonghe, avremo l’attenzione anche dei più giovani, dei più timidi e delle persone meno boriose del mondo!

Domandiamoci perché le scuole di tango sono sovraffolate di gente mentre invece nelle milonghe ci sono sempre gli stessi!

Noi veterani spesso abbiamo un atteggiamento poco accogliente e per nulla accomodante verso i principianti. Questo è stupido perché ci siamo passati tutti, nessuno è nato imparato!!

Non si è bravi tangueri o tanguere se non si ha comprensione per i principianti e se non si incoraggiano i principianti a scendere in pista.
Le milonghe devono diventare delle feste!

tango a san marco venezia
È assurdo voler importare dall’Argentina anche la tradizione; o che gli stessi argentini siano convinti di poter esportala “asetticamente”. La tradizione è nel sangue degli argentini non nel nostro.

Noi dobbiamo trasformare questa cultura, arricchirla e integrarla con la nostra, soprattutto con la musica più moderna con le armonie di Capossela, di Conte, di Caparezza e di tanti altri compositori. Anche i compositori di musica classica sono una risorsa importantissima, dobbiamo coinvolgerli.

Un esempio è il CD Reunion Cumbre realizzato da due eccellenti compositori e musicisti Veneziani grandi interpreti di Vivaldi.

Personalmente ritengo che il tango piaccia proprio ai giovani, diciamo a quelli che hanno un’età dai 25 anni in su. Tutto dipende da come viene loro presentato. Manca, secondo me, un linguaggio che sia compreso dai giovani.

Non credo che arricchendo la danza con qualche decoro e magari, acrobazia, essa non sia più un’emozione. Credo che sia vero che si balli con la mente, soprattutto con la mente. Credo che qualsiasi novità, qualsiasi nuovo passo, qualsiasi “acrobazia” siano sempre qualcosa in più che aumenta le possibilità di comunicazione durante la danza e quindi in grado di aumentare l’emozione l’entusiasmo il divertimento in quei pochi minuti.

Ricordiamoci che questo è un gioco e che quindi come tale deve divertire.

Nel divertimento potrai trovare l’emozione e anche l’amore; il tango è un’insostenibile leggerezza dell’essere; non zavorriamolo con inutili artifici accademici ed etichettature che spesso sono propri di chi ha dei limiti e vuole limitare tutto ai propri limiti, per essere, in quei limiti, il più grande.

Credo che i giovani si allontanino in quanto non vedono nel tango quei valori di DIVERTIMENTO che invece dovrebbero caratterizzarlo. Molti istruttori si prendono troppo seriamente e quindi trasmettono un’idea austera e limitante della danza. Non trasmettono il valore di intrattenimento e di divertimento che essa in realtà ha alla sua base.

tango a san marco venezia

Alcuni considerano il tango come una missione sociale o addirittura politica, l’idolatrano come forma d’arte. L’idolatria porta alla distruzione.

Le lezioni di tango in genere si basano su brani vecchi e sempre quelli. Facciamo, ad esempio, come fa qualcuno che insegna sulla base di brani di musica leggera contemporanea, vedete voi come cambia tutto!!!

Deconstestualizziamo la danza dalla musica e introduciamo il tango come motivo di ballo adatto a qualsiasi genere musicale; utilizziamolo come mezzo di divertimento per coppie occasionali e non!

Basta con le scelte di principio, i valori originarii. Noi non siamo originarii siamo europei, italiani, abbiamo portato noi il tango in argentina, possiamo a buon diritto riprendercelo e trasformarlo come meglio ci pare. Con tutto il dovuto rispetto per la storia!

Si continua a vendere roba vecchia perché la gente ignorante non riesce ad ascoltare la musica, non va a tempo e non conosce i passi. Quindi per vendere, per riempire le sale, si continua a mettere i soliti 90 brani sempre quelli e sempre li stessi; perché la gente ignorante è la maggioranza.

Quindi le cose stanno così: chi vuole innovare contaminare e produrre nel tango non può rivolgersi a tutti perché la gran massa è vecchia e non vuole nemmeno ascoltare la musica perché non la capisce.
La gran massa vuole sentire sempre li stessi brani, possibilmente marcette, vuole fare sempre li stessi passi, vuole piagnucolare in pista.

Coloro i quali hanno ancora una mente giovane e ricettiva e vogliono mettere alla prova i propri limiti saranno sempre pochi.

Io ballo con centinaia di donne tutte diverse e non disdegno le principianti, non faccio alcuna selezione, ballo per divertimento.
Perciò sono sicuro di quel che dico.

L’ambiente del tango italiano è ridicolo, pretestuoso e presuntuoso, pieno di gente boriosa e ignorante che si nasconde dietro pretese di tradizionalismo ma che in realtà non è in grado di distinguere Pugliese da Salgan e nemmeno di ballarlo facendo una distinzione.

Un rinnovamento si può sperare solamente auspicando che giovani compositori italiani si cimentino con il genere e producano nuovi brani e che trascinino nuove generazioni all’ascolto ed alla danza della nuova musica!

dana day nel polesine

Questo ambiente chiuso accademico e finto-tradizionalista, interessato solamente a riempire le sale di vecchi è sterile.
Ci vuole un rinnovamento!
Non possiamo tirare avanti dicendo che il tango è morto nel 1950!
Queste sono sciocchezze che certi istruttori berciano nelle cosìdette scuole di tango che invece sono dei luoghi dove il tango viene ucciso!
Volete insegnare ma non siete artisti!!
Per insegnare un’arte bisogna essere artisti: avete capito???
Se non siete artisti siete solo della povera gente che specula e guadagna uccidendo il tango!

Per essere artisti bisogna aver sofferto. Bisogna aver amato la musica, tutta la musica, e bisogna amare la danza, tutta la danza!!
Non bisogna avere pregiudizi, bisogna guardare avanti dare fiducia ai cambiamenti e non arroccarsi sul rassicurante vecchiume come avvoltoi sulla carcassa!!

Molti di quelli che si credono maestri non sanno un beneamato tubo dei compositori delle loro idee, di quello che esprimevano con la loro musica. Gli artisti hanno sempre guardato avanti e se ne sono infischiati delle tradizioni, hanno spezzato le catene dell’accademia per dare sfogo alla propria immaginazione!

tango san giacomo venezia

Il tango è la più alta espressione di libertà nella musica. Accoglie ogni genere ogni sfumatura. Si ciba di musica classica, pop, rock, punk, jazz. È un genere totalizzante universale e parla tutte le lingue.

Dobbiamo assecondare la volontà del tango e quindi aprirgli le porte!
Il tango può essere la musica di ogni paese, di ogni popolo, di ogni cultura e tradizione.

Il tango è la musica dell’umanità perché ha al suo interno tutta l’umanità possibile ed è aperto a tutte le forme di umanità.
Suoniamolo e balliamolo in italiano, francese, inglese, tedesco, australiano!!

Abbandoniamo i nostri pregiudizi e la nostra inutile ignoranza!

L’evidenza dei fatti è questa: si ha tutto l’interesse affinché la gente rimanga ignorante, non capisca più di tanto, non impari più di tanto, non chieda troppo e non pretenda di capire, in modo tale che quelli che si auto-incoronano maestri di tango rimangano tali, che gli incompetenti continuino a dar lezioni, che gli ignoranti continuino a protestare quando viene messo un brano che non sia tra i soliti 90.

In modo tale che il business rimanga nelle mani di questa gente che uccide il tango!!

Il rischio più grande è l’istituzionalizzazione. Bisogna evitare di istituzionalizzarsi e quindi di non vedere altro che se stessi ed immedesimarsi troppo. La cultura del tango è a disposizione di tutti, non è il regno di qualche persona che a torto o a ragione si ritiene competenze in base a qualsiasi curriculum abbia.

La cultura è a disposizione di chiunque voglia accedervi e la cultura concede a tutti la libertà d’espressione e di dire cose giuste e sbagliate. Io ritengo che ciò che dico sia giusto e ho il coraggio di dirlo.

suggerimenti circa il tango 2

suggerimenti circa il tango #2

11 agosto 2014:

qualche giorno fa ho deciso di ricominciare a esprimere alcune mie libere riflessioni sul tango. Ho deciso di utilizzare facebook per dare amplificazione alla mia visione. A parte qualche timido “mi piace” rilevo la solita reazione esacerbata e scomposta di chi non condivide. Perché tanta animosità?

Lor signori non sanno che l’era dell’oscurantismo è cessata con l’invenzione della stampa?
E che oggi siamo nell’era della condivisione?

Esprimere le proprie idee pubblicamente circa una forma d’arte dovrebbe essere motivo di riflessione e confronto e non di chiusura e rabbia. Non basta, ci son persone che hanno usato mezzi a dir poco ripugnanti. Hanno fotografato il mio post e lo hanno pubblicato dentro gruppi segreti dove i partecipanti mi hanno potuto assaltare senza che mi potessi difendere.

Gruppi segreti dai quali son stato estromesso proprio perché esponevo le mie idee e le difendevo.

Purtroppo devo tornare a ripetere che il nostro amato tango è strumento di una speculazione monetaria e che l’ignoranza e la grettezza si siano impadroniti completamente di questa bellissima forma d’arte. Ciò è normale, è un fenomeno umano che bisogna comprendere.

Tuttavia il dovere di chi, come me, usa ragionare e mantenere la mente aperta, è quello di continuare a esprimere liberamente le proprie opinioni mettendo però nel conto che questo comporta sacrifici e delusioni: vedere che pochi comprendono e pochi ascoltano.